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Progetto Prisca: come e perché
Sabato 19 Aprile 2014

Prisca è un progetto finanziato dalla Commissione Europea attraverso il programma Life Plus Ambiente 2011; ha come obiettivo la dimostrazione della fattibilità di due Centri di Riuso, realizzati a Vicenza e a San Benedetto del Tronto.

Questi due centri, a loro volta, hanno come scopo primario l''avviamento al riutilizzo dei beni effettivamente riusabili presenti nel flusso dei rifiuti solidi urbani i quali, in assenza di una filiera organizzata, sarebbero destinati perlopiù allo smaltimento. Il tutto nasce dalla collaborazione di sei partner dislocati su tutto il territorio italiano: la Scuola Superiore di studi universitari e di perfezionamento S. Anna di Pisa con il ruolo di supervisione scientifica, l''associazione Occhio del Riciclone Onlus di Roma come responsabile tecnico, la Cooperativa sociale Insieme di Vicenza per la sperimentazione operativa sul territorio, la società Valore Ambiente S.r.l. di Vicenza in collaborazione con la Cooperativa sociale Insieme, il Comune di San Benedetto del Tronto sempre per la sperimentazione, infine ma non meno importante, il WWF sezione Ricerche e Progetti di Roma e Napoli per la sensibilizzazione e la diffusione delle buone prassi.

Al di là del dato tecnico e degli aspetti formali comunque già citati, ciò che è emerso principalmente nei due convegni è stato l’aspetto educativo del settore del riuso; i relatori hanno seguito, rimanendo pertinenti al loro campo di studio, un filo rosso il quale ha condotto alla riflessione comune sul valore di ciò che ogni giorno, in moltissimi casi, viene destinato allo smaltimento.

Il desiderio alla base di un progetto simile è quello di intervenire prima che il bene diventi un rifiuto, facendo in modo che rimanga una risorsa. È questo il compito di alcuni enti come ad esempio il WWF, ma non solo; il primo passo rimane quello di sensibilizzare il cittadino in modo tale che questo si renda conto delle potenzialità che ancora si nascondono in tutte quelle cose che normalmente ritiene abbiano concluso il loro percorso di utilizzo.

 Sono anche altri gli aspetti da mettere in evidenza: nel caso di Vicenza, la Cooperativa Sociale Insieme è stata in grado di creare nuovi posti di lavoro, per esempio all’interno dell’isola ecologica ma anche all’interno dei laboratori per il recupero: l’utente della discarica viene intercettato sulla piattaforma da alcuni operatori che effettuano una selezione di ciò che sta per diventare rifiuto, tutto ciò che è possibile riutilizzare o riparare viene effettivamente prelevato e suddiviso per categoria. A questo punto, ulteriori operatori formati, all’interno dei laboratori, riparano e preparano il bene alla rimessa sul mercato. In breve tempo, l’oggetto torna disponibile all’acquisto nel mercatino associato alla cooperativa. In questo modo si è ottenuto che il 93% del rifiuto venisse correttamente differenziato (dato comprensivo di rifiuto destinato al riciclo e rifiuto destinato al riuso) mentre solo il 7% rimane un rifiuto non riciclabile.

 Il progetto Prisca non è un modello di gratuità, si tratta di un modello commerciale: ci sono effettivamente dei costi ai quali fare fronte, basti pensare a tutto l’apparato operativo per l’intercettazione, la selezione, lo stoccaggio etc. Allo stesso tempo, comunque, la gratuità non viene esclusa poiché ciò che non viene venduto dopo la rimessa nel circuito di vendita, viene destinato alle famiglie bisognose. In buona sostanza Prisca ha il grandissimo vantaggio di poter intercettare il materiale nel momento in cui questo viene portato in discarica, togliendo – di fatto – la possibilità che qualcosa possa essere eliminato senza un controllo; in questo modo la decisione non spetta più a colui che si libera del bene ma esclusivamente a chi lo intercetta.

La persona che si serve della discarica non ha parte nella logica economica di Prisca, si tratta quindi di una donazione gratuita. Questo aspetto ha un rovescio della medaglia che grava a sfavore di Prisca, infatti un soggetto consapevole della realtà del riuso, prima di portare la merce in discarica, proporrà i propri beni al mercatino dell’usato, provando quindi a guadagnarci qualcosa in termini di denaro. In questo modo si rischia che al progetto Prisca venga riservata quella pozione di merce non in buonissimo stato, quella che normalmente verrebbe rifiutata dal mercatino dell’usato. C’è da considerare il fatto che, in un momento di crisi come questo, è molto più probabile che il cittadino consapevole decida di proiettarsi verso il guadagno etico, piuttosto che la totale gratuità.

 Invece si registra un grande punto a favore del progetto Prisca: l’idea dei laboratori, forniti di personale regolarmente formato e assunto, che abbia le capacità tecniche per ripristinare un bene per poterlo reinserire nel mercato. In questo modo un’enorme porzione di materiali destinati alla distruzione possono essere recuperati al 100%, basti pensare alle biciclette con pezzi mancanti, sedie zoppe o divani spolpati. Questo aspetto è un validissimo spunto di riflessione sul quale spendere qualche momento, in quanto sembra un ulteriore valore aggiunto nella missione per un vivere maggiormente ecosostenibile.

Ogni azione, piccola o grande che sia, individuale o collettiva, che possa in qualche modo ridurre il consumo selvaggio ed inconsapevole di materiali, pone un piccolo mattoncino nella costruzione della strada per un mondo migliore.


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Ciò che fino a oggi ha limitato la vendita dell’usato è stato un problema di percezione.
Quando una persona va al ristorante non si pone la questione se il piatto in cui mangia sia stato utilizzato da qualcun altro.
Eppure se lo chiede quando acquista un abito o un mobile di seconda mano.
Ma è palpabile l’evoluzione verso questo nuovo stile di vita.
Alessandro Giuliani
su Il Salvagente


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