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Quali prospettive attendono il settore dell’usato?
Sabato 26 Luglio 2014
Monica Ferraccioli

Sono circa 90.000 le persone attualmente impiegate nel settore dell’usato. Un numero in continua crescita, che si scontra con una normativa debole e farraginosa, incapace di sostenere le reali potenzialità della filiera. Ecco le novità che interessano gli operatori dell’usato.

È ancora un disegno di legge, ma è ormai chiaro che il settore dell’usato necessita al più presto di essere supportato da una legislazione che tenga conto della rapida evoluzione verificatasi negli ultimi anni. La crisi economica ha contribuito ad avvicinare molti cittadini al riuso, ma non è stata determinante. Maggiore cultura, maggiore consapevolezza e responsabilità, unite al diffondersi di hobby creativi con una spiccata sensibilità verso il riutilizzo e il riciclo, sono stati i veri fattori determinanti. Addirittura abbiamo assistito ad una rivoluzione del concetto stesso di usato: un mercato che fino a pochi anni fa era d’interesse solo per una nicchia di collezionisti, rigattieri, antiquari ed enti di solidarietà ora si è esteso alla gente comune, in particolar modo ai giovani, attraverso negozi dell’usato ed eco-boutiques.

All’emergere di questi nuovi operatori, urge un riconoscimento della figura dell’operatore dell’usato, nelle sue diverse declinazioni, all’interno di un settore ben determinato, così da circoscrivere i soggetti ai quali indirizzare i provvedimenti in materia fiscale, commerciale, urbanistica e ambientale. È inoltre importante profilare l’attività svolta da ciascuna categoria di operatore, creando mercati specifici per il settore dell’usato e prevedendo per ciascuno strumenti idonei ed efficaci a favorire l’inclusione sociale e la regolarizzazione dal punto di vista fiscale delle realtà sommerse.

Dal punto di vista ambientale, la normativa europea è già attiva da anni in materia di Gestione dei Rifiuti, ma nel nostro paese i volumi di beni recuperati e riutilizzati sono ancora esigui rispetto alla mole di rifiuti che continuano ad essere portati nelle discariche. L’ultima direttiva, la 2008/98/EC, con la quale si obbligano gli Stati membri a introdurre il Riutilizzo nei piani di gestione dei rifiuti, recepita dall’Italia con Decreto Legislativo n.205 del 2010, scioglie il nodo che finora ha impedito di riusare i beni già entrati nel circuito della raccolta, permettendone il ritorno in circolazione dopo la “Preparazione al Riutilizzo”: per questa ragione, il disegno di legge intende proporre la creazione di appositi Centri di raccolta, intesi quali opportunità dal punto di vista ambientale, sociale e occupazionale.

La proposta punta all’instaurazione di un vero e proprio sistema di relazioni, attraverso l’istituzione di un Consorzio Nazionale del Riuso, centro d’indirizzo e d’interfaccia con le amministrazioni locali, che avrebbe lo scopo di assicurare un efficiente adempimento della funzione ambientale del riuso.

Rete ONU ha racchiuso in questo articolato le esigenze di figure diverse, ciascuna con le proprie specificità e con le proprie aspirazioni, ma con un credo e una passione comune. E, ancor più, con una certezza: la potenzialità del riuso di contribuire allo sviluppo sociale, culturale, occupazionale e ambientale del nostro paese.


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Ciò che fino a oggi ha limitato la vendita dell’usato è stato un problema di percezione.
Quando una persona va al ristorante non si pone la questione se il piatto in cui mangia sia stato utilizzato da qualcun altro.
Eppure se lo chiede quando acquista un abito o un mobile di seconda mano.
Ma è palpabile l’evoluzione verso questo nuovo stile di vita.
Alessandro Giuliani
su Il Salvagente


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