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All’origine del motto “Keep Calm & Carry on”!
Mercoledì 13 Agosto 2014
Monica Ferraccioli

Proprio alcune settimane fa avevamo parlato di alcuni oggetti acquistati al mercatino per pochi spiccioli e che con un occhio più attento si sono rivelati una vera fortuna per i nuovi proprietari. Dalla ricetta originale della Coca Cola di John Pemberton al dipinto di Renoir acquistato per soli 7 euro, ci insegnano che i pezzi antichi non vanno mai sottovalutati.

Un’ulteriore testimonianza ci arriva dall’Inghilterra, in particolare da Alnwick. Qui ha sede una delle più grandi librerie di libri usati d’Europa, la Barter Books, gestita da oltre vent’anni dai coniugi Stuart e Mary Manley. Tra le fila dei testi antichi e le raccolte storiche della libreria non sarà stato facile individuare una stampa apparentemente anonima, con il disegno di una corona stilizzata e una grafica semplice che recitava “Keep Calm & Carry On”. Si trattava nientemeno che di un messaggio di propaganda diffuso dal governo britannico alla fine degli anni '30 per sollevare il morale dei cittadini nel duro periodo dei bombardamenti nazisti, ma questo ancora tra le mura di Barter Books non si sapeva.

Stuart e Mary appesero la stampa all’ingresso della libreria e ben presto iniziò ad essere notata dai clienti e, in seguito alla pubblicazione on-line, diventò famosa in tutto il mondo. Tra il 2001 e il 2009 i Manley stimarono una vendita di oltre 40000 copie e non si contano le infinite riproduzioni su gadget e materiale pubblicitario.

Quello di Alnwick non è sicuramente un caso isolato: i negozi dell’usato ci stanno insegnando che tutti i beni hanno un valore. La società dei consumi ci ha abituati all’usa e getta, all’equivalenza tra ciò che non si usa più e il rifiuto, ma la realtà ci ha messi di fronte ad una riconsiderazione. Cosa può essere definito “inutile”? non significa “non più utilizzabile”, bensì “non più utile per me”, mentre lo potrebbe essere per qualcun altro. L’errata accezione che diamo al termine riuso ci porta a gettare anche oggetti nuovi, o quasi, senza nemmeno pensare all’idea di cercare per loro una nuova destinazione.

Buttare via ciò che non si usa più non rappresenta solo uno spreco, ma anche una perdita. Di denaro, prima di tutto: è necessario partire dalla considerazione che ci sono persone alla ricerca del nostro oggetto, disposte a pagarlo a prezzo pieno in un normale negozio e che sicuramente non perderebbero l’occasione di acquistarlo trovandolo scontato al negozio dell’usato. Non solo: il rifiuto genera una perdita nella sfera della salute, perché arreca danni irreparabili all’ambiente e già iniziamo a subirne le conseguenze. Sarebbe come pagare lo stesso oggetto due volte: chi lo farebbe?

In onore di Stuart e Mary Manley e del motto che grazie al loro ritrovamento è divenuto così popolare, avviamoci a prendere le distanze dalla rapidità che si sta attanagliando in ogni aspetto della vita quotidiana, impariamo a osservare e a usare un pizzico di creatività. Anziché spendere, ne guadagneremo, molte volte.


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Ciò che fino a oggi ha limitato la vendita dell’usato è stato un problema di percezione.
Quando una persona va al ristorante non si pone la questione se il piatto in cui mangia sia stato utilizzato da qualcun altro.
Eppure se lo chiede quando acquista un abito o un mobile di seconda mano.
Ma è palpabile l’evoluzione verso questo nuovo stile di vita.
Alessandro Giuliani
su Il Salvagente


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